sabato 28 gennaio 2012

Circolo PRC "Peppino Impastato" CB - Sul movimento dei forconi urge un'analisi di classe

Le crisi economiche portano con sé scenari inediti soprattutto a livello delle risposte sociali. Mai come in questi momenti occorrono i giusti strumenti teorici per orientarsi tra le forme di dissenso che scaturiscono dalla fase di ristrutturazione capitalistica. È importante innanzitutto – posto che siano state analizzate in profondità le cause strutturali della crisi – comprendere la natura dei movimenti sociali, quale sia la loro composizione, quali le categorie in essi coinvolte, ma soprattutto occorre soffermarsi sugli obiettivi, sulla piattaforma rivendicativa. Se non si procede in questo modo, si finisce per prendere parte, più o meno inconsapevolmente, ad una diatriba infantile tra opposte tifoserie, senza aggiungere nulla alla comprensione del fenomeno in atto.  In questi giorni assistiamo ad una forma di protesta molto radicale nelle sue manifestazioni e che, a partire dalla Sicilia, ha coinvolto quasi tutte le regioni del centro e del sud. La mobilitazione ha mosso i suoi primi passi dalla Sicilia e ha raggiunto la ribalta mediatica sotto la denominazione di “movimento dei forconi”, un nome che è quasi un programma. Il movimento, in una prima fase, è riuscito ad ammantarsi di un carattere popolare e contadino per poi scoprirsi per quello che è: un’organizzazione corporativa composta da piccoli e medi imprenditori dell’agricoltura e dei trasporti. E’ fin troppo evidente che l’avanzare della crisi comporti uno sconvolgimento del quadro sociale oltre ad una battaglia per il riposizionamento dei partiti nel quadro istituzionale. I due fenomeni sono legati tra loro nella misura in cui la sovrastruttura politica è espressione delle forze economiche agenti nell’aria considerata.
In Italia, il governo Berlusconi, espressione della piccola e media borghesia clientelare e protezionista, si era reso impresentabile agli occhi dell’Europa per varie ragioni, ma soprattutto non era più funzionale al ciclo ultra-liberista per via dei ricatti corporativi da parte della borghesia mafiosa a sud, e dei padroncini del nord-est rappresentati dalla Lega a nord. In questo quadro il governo Monti (sostenuto trasversalmente da PD e PDL), porterà avanti il programma di controriforme e liberalizzazioni che Berlusconi non ha potuto realizzare. Significativamente il capo dello Stato, con un colpo di mano, ha nominato questo governo di tecnici con il compito di eseguire le direttive della BCE e degli stati “forti” come la Germania . Le politiche del nuovo esecutivo stanno entrando nel vivo colpendo a man bassa ampie fasce della popolazione. Se i lavoratori dell’industria sono apparsi fin da subito come le vittime predestinate, se i pensionati si sono rassegnati a fare la fila davanti alla Caritas, se i dipendenti pubblici erano già temprati da dieci anni di perdita del potere d’acquisto, quelli che sembrano ora cascare dalle nuvole sono proprio alcuni settori del lavoro autonomo, strangolati dall’aumento dei carburanti, dei ticket autostradali, dall’aumento dell’IVA e dai controlli della finanza. E senza più santi in paradiso.  Sappiamo bene che in politica la sorpresa, lo stupore, non sono mai un buon segno, ma piuttosto la prova di un grave deficit di analisi delle cause materiali. Noi comunisti non siamo affatto sorpresi. Da tempi non sospetti andiamo ripetendo che il capitalismo ha accumulato una tale montagna di contraddizioni da rappresentare di fatto una bomba ad orologeria. Già un secolo e mezzo fa, il genio politico di Marx aveva individuato nel capitalismo non solo l’avversario della classe lavoratrice, ma anche il nemico numero uno della stessa proprietà privata!  Questo è proprio quello che sta succedendo: la sovraproduzione di merci ha trovato una iniziale via di fuga nel mondo della finanza e della speculazione, ma ora che i modi sono giunti al pettine, non cè più scampo per nessuno salvo per i parassiti possessori di grandi rendite. Noi non ci fidiamo dei forconi per varie ragioni. In primisi per la natura reazionaria della piattaforma in cui si rivendica la defiscalizzazione dei carburanti, l’uso dei fondi europei per finanziare le aziende agricole, il congelamento delle procedure di Equitalia. Rivendicazioni che ad un occhio ingenuo e superficiale possono apparire popolari ma che in realtà fungono da copertura per gli interessi padronali, servono ad intercettare il malcontento diffuso mentre d’altra parte non vengono messi in discussione i poteri forti, quelli della borghesia. Non vi è traccia di una sistematica critica di sistema, insomma non vi è alcun contenuto di classe. Al tempo stesso, riteniamo, che all'interno di questi movimenti protestari vi siano elementi in perfetta buona fede: pertanto il compito dei comunisti, avanzando un programma di classe,  è quello di separare questi soggetti dagli esponenti più reazionari. Non a caso uno dei leader nazionali del movimento dei camionisti è un ex ufficiale dei Carabinieri.    Non ci fidiamo, quindi, di questo movimento perché conosciamo a fondo il modo di operare subdolo e interessato della classe dominante che a volte – anche a causa dello scarso radicamento di organizzazioni di classe e degli atteggiamenti rinunciatari di certi dirigenti politici e sindacali – riesce a legare a sé le frazioni più arretrate dei lavoratori, magari con l’aiuto dei fascisti e dei loro caporioni; storicamente cani da guardia del potere costituito e del capitale.

Circolo PRC “Peppino Impastato” di Campobasso

giovedì 26 gennaio 2012

AGRICOLTURA IN CRISI - UNA TESTIMONIANZA - Intervista di Paolo Di Lella e Marinella Ciamarra

L'agricoltura è in crisi, e la stretta del sistema creditizio contribuisce allo strangolamento dei piccoli agricoltori, bersagliati anche dalla concorrenza delle grandi multinazionali e dalle politiche dell'UE. Un'intervista a Pardo di Paolo, esperto di politiche agroalimentari
Intervista a Pardo di Paolo *
 1) Qual è la situazione della produzione agricola attualmente in Molise?
      Le aziende sono ormai tutte in crisi. Non solo quelle piccole e medie, ma anche le grandi. Il meccanismo che progressivamente le ha portate nella condizione in cui versano è dato dal mercato, così come è venuto a configurarsi in Molise, che oggi le ha portate a non riuscire più a far fronte agli obblighi finanziari. Il meccanismo ora è progressivo. Le piccole aziende sono entrate per prime in crisi, poi è toccato alle medie, ora è il turno delle grandi, in relazione tanto alla struttura dei pagamenti quanto alla possibilità di diversificazione della produzione, senza dimenticare come sul piano economico incida la dimensione dell'azienda su qualsiasi produzione relativamente alla possibilità di operare economie di scala e di produzione (es. l'acquisto dei macchinari al posto del conto terzi). In contemporanea allo spopolamento delle campagne si è avviata la tendenza all’accorpamento delle aziende. Posso parlare sulla base di conoscenze ed esperienza personale soprattutto per il basso Molise, in cui i settori più produttivi restano la cerealicoltura  e l’olivicoltura. Tutti gli altri settori sono in contrazione (orticoltura, viticoltura, frutticoltura…), anche se la produzione rimane di qualità.
   2) Quali sono le cause della crisi?
     La crisi si rivela una tappa obbligata del capitalismo. Si produce troppo rispetto a quanto si consuma. La sovraproduzione porta necessariamente ad una caduta dei prezzi alla produzione, tanto che il lavoro del produttore non è compensato nemmeno nella misura del suo investimento. D’altronde è nella natura del capitalismo, che impone la logica della domanda e dell’offerta e comporta fatalmente che ogni volta che l’offerta supera la domanda ci sia una crisi che comporta la chiusura delle aziende produttive più deboli; del resto il produttore non può fare a meno di contare sulla crescita continua della domanda. Insomma, un cane che si morde la coda. Occorrerebbero nuovi modelli produttivi.
   3) Il sistema creditizio aiuta i produttori in Molise?
      Le aziende prendono i soldi dalla banche con i contribuiti dell’Ente pubblico, a tassi agevolati. Ciò in ordine alle politiche comunitarie, volte alla tutela di questa risorsa primaria. Nel momento in cui alla vendita della produzione, l'agricoltore non riesce a coprire i costi, andando in crisi, le banche, le quali spesso influenzano il prezzo dei prodotti, cominciano a chiedere tassi più elevati sui prestiti effettuati.Si crea una crisi di fiducia nell’imprenditore, proprio nel momento in cui il mantenimento del creditosarebbe vitale per gli investimenti finalizzati ad affrontare la crisi. Il protrarsi della produzione in perdita e il cristallizzarsi della sfiducia nella solvibilità del debitore porta infine all’abbandono dei produttori in crisi e persino dell’intero settore con conseguente drenaggio di capitali che va a riversarsi su altre attività.
   4) Quali sono, se esistono, le realtà che sono in grado di resistere alla crisi?
    Il Molise è una regione esportatrice. C’è poca trasformazione dei prodotti agricoli. Le realtà che resistono alla crisi sono quelle i cui imprenditori hanno il “gruzzolo” in banca. Poi c’è la questione dello Zuccherificio, un’azienda dalle potenzialità enormi in mano a persone che non hanno interesse a portare avanti la produzione. Sarebbe invece interesse degli agricoltori, e non solo molisani. Arrivano barbabietole dalla Puglia e dalla Lucania. Anche i responsabili politici di queste regioni dovrebbero assumersi responsabilità sia nel sostegno economico, nella gestione di una struttura unica in tutto il centrosud. L’interruzione della produzione di zucchero nel basso-Molise creerebbe problemi a tutta l’agricoltura dell’Italia meridionale  perché il seminativo che prima era impiegato nella coltivazione della barbabietola adesso sarebbe utilizzato per un'altra delle possibili colture disponibili determinando così un aumento della produzione complessiva in quel settore e conseguentemente il crollo del prezzo. Bisogna assolutamente considerare che il mercato dello zucchero oggi è in ripresa. Lo zuccherificio dovrebbe dunque continuare a funzionare. Ma questo esige l’assoluta trasparenza e correttezza dei bilanci e il controllo da parte del partner politico e, per suo tramite,  di tutto il Consiglio e dei cittadini, in particolare le fasce sociali e produttive direttamente interessate.                                                                                      
   5) Cosa pensi del cosiddetto “Movimento dei Forconi”? Cosa chiede oggi l’agricoltore siciliano?
     Oggi la crisi è reale e generale: coinvolge le modalità stesse della produzione. Non mi pare che il movimento se ne renda conto e  per questo individua degli obiettivi settoriali e secondari quali ad esempio l’abbassamento del prezzo del carburante.  Gli agricoltori, come gli autotrasportatori,  chiedono l’abbassamento del gasolio, perché i costi troppo alti riducono i già modesti margini di profitto. Anche in Molise si era creato un movimento che oggi riaffiora con il nome di “Dignità sociale” formato grosso modo  dalle stesse persone. Ma anche gli agricoltori non vanno al di là del discorso del gas. Ragionano come piccoli capitalisti. I loro movimenti hanno la caratteristica del corporativismo. Non riescono a comprendere che il problema è la struttura del mercato e i procedimenti di formazione dei prezzi. E dunque la protesta è potenzialmente strumentalizzabile.
 6) È una protesta che dovrebbe preoccupare?
    Non credo, si spegnerà presto. Non ci sono le premesse. Le dichiarazioni bellicose c’erano   all’inizio, ma non si protesta su fatti seri e strutturali del settore, ma su problemi marginali. Può portare, però, ad un aumento dei presso dei generi di prima necessità che oggi scarseggiano nei market: aumento che può, anche finita l’emergenza, stabilizzarsi, con danno precipuo dei meno abbienti.
 7) Quale futuro attende il Molise? Quali, secondo te, le soluzioni?
   Dovrà rimettersi in moto un sistema produttivo capace di guardare al futuro. Ad esempio, occorrerebbe dar vita ad una nuova agricoltura plurifunzionale e plurisettoriale che, ad esempio, preveda la zootecnia per evitare di continuare a violentare il territorio. Questo implica che ci sia un sistema di assistenza tecnica per seguire i contadini nelle produzioni delle derrate alimentari. Ma in primo luogo serve un’opera di bonifica dei terreni gravemente inquinati da una pessima gestione del ciclo dei rifiuti e imbevuti di prodotti chimici dannosi: anche attraverso la raccolta differenziata e la conseguente produzione di compost si potrebbero rivitalizzare terreni attualmente esausti e quindi destinati a rimanere incolti. Solo così potrà essere restituita terra all’agricoltura. Un tema importantissimo è quello della difesa del territorio. Frane, alluvioni, hanno origine, oltre che da caratteristiche geologiche, da un’agricoltura non più contadina ma iperspecializzata, che prevede la divisione poderale a grandi maglie, la massima meccanizzazione e l’uso di sostanze chimiche. Tutto ciò ha causato il disboscamento, e tante altre forme di degradazione del territorio. C’è poi il discorso dei terremoti che hanno devastato parti importanti della nostra regione. Occorrerebbe introdurre il riconsolidamento dei centri storici, riconvertendoli con criteri antisismici che permetterebbero di recuperare patrimoni urbani già esistenti e di inserirli in circuiti turistici. C’è poi, ancora, il discorso sulla ricerca e sulla gestione delle nuove tecnologie….
 8) Ma per questo occorrono risorse finanziarie. Dove prenderle, secondo te?
     Si intravvede oggi una sola possibilità: un’imposta patrimoniale. L’unica soluzione che permetterebbe di avere soldi “gratis” senza pagare gli interessi, come avviene invece con il prestito delle banche.
 9) Quale soggetto politico potrebbe operare in questa direzione?
    Non esiste, oggi, un soggetto politico di fare ciò, purtroppo. Occorrerebbe crearlo. Di Sinistra, con  orientamento marxista. Ma è possibile? manca la coscienza di classe di ciò che stiamo vivendo. La gran parte della popolazione, oggi, non si rende conto della gravità della situazione storica attuale e non comprende la necessità sempre più impellente di dar vita ad un modello di sviluppo radicalmente diverso da quello odierno.

* Tecnico di associazioni di orticoltori, esperto in politiche agroalimentari

mercoledì 25 gennaio 2012

COMUNICATO STAMPA SEGRETERIA REGIONALE PRC

Il Partito della Rifondazione Comunista del Molise sostiene attivamente lo sciopero generale di venerdì 27 gennaio, indetto dai sindacati di base, per contrastare le manovre del governo dei banchieri e delle imprese.
La riforma delle pensioni, le liberalizzazioni e tutti i provvedimenti classisti di questo governo, in continuità con quelli precedenti,  sono stati vergognosamente votati in Parlamento, in modo bipartisan, dalle forze di centrodestra e di centrosinistra. Tutto ciò senza peraltro incontrare una reale e adeguata opposizione da parte dei sindacati confederali -ad eccezione della FIOM- impegnati in un vergognoso “gioco delle parti” che danneggia ogni giorno sempre più i lavoratori e i soggetti sociali più deboli.
Il sistema capitalistico, che ha generato la speculazione finanziaria, affamando intere nazioni e devastando il pianeta, agita lo spettro della “crisi” per sopravvivere e continuare a rigenerarsi con il sangue dei lavoratori. Come insaziabili vampiri, i proprietari  dei grandi capitali finanziari e produttivi -ovvero i poteri forti- attraverso il FMI e la BCE hanno imposto la guida per attivare la “macelleria sociale” anche qui in Italia, comprimendo salari, diritti e democrazia, aumentando i costi di tutti i servizi (gas, carburanti e luce) e falcidiando la spesa sociale (sanità, istruzione, trasporti, etc.).
Tutto ciò non può e non deve essere tollerato! Paghino i costi della crisi coloro che non hanno mai pagato in questo Paese. Si tassino i grandi patrimoni e i capitali nascosti in Svizzera o in altri paradisi fiscali, si taglino le smisurate spese militari e si smetta di foraggiare lautamente le banche (…che non sono affatto istituti di beneficienza!).
Il Partito della Rifondazione Comunista del Molise, pertanto, fa appello ai propri iscritti, ai militanti e ai lavoratori tutti ad aderire massicciamente allo sciopero generale del 27 gennaio p.v., convocato dall’USB e dai Sindacati di base,  e a lavorare per costruire da subito e dal basso -con il contributo indispensabile di chi ogni giorno ormai lotta per sopravvivere- un’opposizione di classe, sociale e politica, a questo Governo e ai suoi sostenitori, allo sfruttamento imperante e devastante dell’uomo e della natura.
Campobasso, 25 gennaio 2012
PER LA SEGRETERIA REGIONALE PRC MOLISE
Antonello Manocchio

martedì 3 gennaio 2012

URURI: CONVEGNO - CRISI ECONOMICA, MANOVRA, VECCHIE E NUOVE POVERTA'


Tra gli ospiti anche il docente universitario Franco Focareta che ha relazionato sul tema
di EMANUELA FRATE
URURI. Crisi economica, manovra e nuove povertà sono state al centro di un dibattito organizzato a Ururi lo scorso 29 dicembre, presso la sala “Luigi Incoronato”, dal circolo di Ururi della Rifondazione Comunista e dal Comitato Anticrisi di Ururi.  
Al dibattito, che ha offerto vari spunti di riflessione,
hanno partecipato il giornalista Michele Mignogna, il Dott. Luigi Zurlo, psicologo e psicoterapeuta dell’Asrem, il Parroco di Ururi Don Fernando Manna, l’avvocato Marco Ciarfeo, segretario provinciale  del PRC, l’avvocato e professore universitario Franco Focareta che ha parlato dei diritti
conquistati che si tende sempre più a ledere ed infine la
sindacalista della CGIL Lucia Merlo.
Il primo ad intervenire è stato il parroco di Ururi Don Fernando
 Manna che ha elogiato queste iniziative in cui la collettività si
riunisce per discutere e confrontarsi a prescindere
dal colore politico, dalle convinzioni personali o
dalla fede religiosa, ritrovando quel senso di comunità
in una società sempre più individualista.
L’applicazione della dottrina sociale della Chiesa,
di una ridistribuzione più equa della ricchezza a
vantaggio della collettività fa parte del messaggio
di Gesù nel Vangelo ed è ciò che ogni buon cristiano
dovrebbe fare. Il Segretario Provinciale del
PRC l’avvocato Marco Ciarfeo ha fotografato
questa grande crisi economico-finanziaria paragonabile
a quella del 1929. Come dopo la grande
crisi del 1929 si affermarono in Europa partiti di
stampo fascista ed il nazionalsocialismo in Germania,
anche dopo questa crisi si possono affermare
movimenti populisti come già sta succedendo
in Austria e Ungheria dove movimenti destrorsi
stanno ottenendo larghi consensi. Questa crisi,
per Ciarfeo, è il risultato lampante della crisi del
capitalismo, delle ideologie neo-liberiste e del
crollo di uno dei suoi capisaldi ideologici vale a
dire che per avere più più crescita bisogna aumentare
la produzione e i consumi cosa, peraltro, ormai impossibile
dato che i salari sono inferiori al costo della vita. A
ciò si aggiunge il sistema speculativo della BCE e di un
capitalismo che da industriale è diventato finanziario.
Per uscire dalla crisi, continua l’avvocato
Marco Ciarfeo, non bisogna salvare le banche a
detrimento dei lavoratori e pensionati che continuano
a pagare di tasca loro dei tagli e delle manovre
di “macelleria sociale”. Bisogna che tutti
facciano la loro parte a partire dalla Chiesa pagando
l’ICI almeno su quegli immobili parzialmente
commerciali (bisogna dire, come è stato sottolineato
nel corso del dibattito, che c’è qualche timida
apertura in questo senso manifestata dal
Cardinal Bagnasco), bisogna applicare
una patrimoniale progressiva sulle grandi
ricchezze, bisogna aumentare la tassazione
per i capitali scudati, bisogna, in
definitiva, assumere delle decisioni forti
e da qui un appello ai partiti della Sinistra
affinché non siano compiacenti ma
facciano quello che gli italiani si aspettano
da loro. Il Dottor Luigi Zurlo ha tracciato
uno spaccato di società che vive un
profondo malessere dall’inizio della crisi
rivolgendosi ai centri di salute mentale.
Ci sono una serie di persone licenziate
che cadono in depressione non riuscendo a formarsi
un’identità senza lavoro. Poi c’è una fascia
di persone che vanno dai 25 ai 35 anni che non
hanno mai trovato un impiego ed infine ci sono
casi di mobbing. Per queste persone che soffrono
non per cause psico-patologiche ma per lo più per
situazioni ambientali che derivano da un mutato
contesto sociale non bisogna dare dei farmaci
bensì, è consigliabile, prosegue lo psicologo Luigi
Zurlo, rassicurali, aiutarli a capire cosa gli sta
succedendo. Il Professor Focareta per parlare di
diritti, è partito dal concetto che l’Italia, così come
l’Europa tutta, non è più quel Eldorado, quel modello
di diritti, tutele ed opportunità di un tempo.
Con la globalizzazione dei mercati c’è chi va
avanti e chi rimane indietro. L’Europa è rimasta
indietro e nuove potenze come la Cina, l’India,
ma anche il Brasile o la Turchia, non sono disposte
a pagare per le nostre tutele e garanzie. Quello
che manca all’Italia e all’Europa è una ridefinizione
di sé stessa come Paese più povero, solo dopo
aver ridefinito il nostro modo di essere al mondo
potremo venir fuori dalla crisi facendo delle scelte
giuste ed oculate: i diritti costano ma non sono
tutti uguali, allora per salvare almeno la dignità
delle persone, bisogna mettere su un tavolo tutti i
diritti e decidere quali salvare sempre partendo dal
presupposto che l’Italia, con il suo 120% di debito
pubblico, con un italiano su tre ultrasessantacinquenne
nel 2065 secondo le più rosee proiezioni,
con le nuove potenze industriali che si affacciano
all’orizzonte, non potrà più illudersi di essere
quel Paese prospero e florido di un tempo.
L’ultimo intervento è stato quello della sindacalista
della CGIL Lucia Merlo che ha posto l’attenzione
sulla precarietà del lavoro definita “la più
vergognosa forma di sfruttamento del lavoro”. Il
lavoro precario crea nuovi poveri perché determina
un’instabilità delle condizioni vita; i nuovi poveri
sono anche quelle persone che lavorano e non
riescono a soddisfare i propri bisogni a causa del
depauperamento dei salari e della conseguente
perdita del potere d’acquisto; un’altra tipologia di
poveri sono anche i pensionati che devono sopperire
alle condizioni dei figli in assenza di un vero
welfare. Insomma, un’analisi corposa e approfondita
sul difficile momento che stiamo vivendo
fatta dall’ultimo baluardo della Sinistra e culminata
con un aperitivo, tanta buona musica e una
colletta solidale per condividere un momento conviviale
perché, come recita il motto usato dal circolo
di Ururi del PRC “La Crisi ci vuol poveri e noi rispondiamo unendoci."